Successione senza eredi?
Può capitare che una persona non sia sposata e non abbia figli. Ovviamente non ci si può attendere che i genitori le sopravvivono: ne segue come non sia infrequente, in una situazione di questo genere, che a succederle, quando non sarà più in vita, siano i fratelli.
Ma cosa accade se neppure vi siano fratelli?
La legge prevede, ai fini dell’individuazione dell’erede, la rilevanza della parentela fino al sesto grado (art. 572 cod. civ.). Ai sensi della norma citata, infatti, “Se alcuno muore senza lasciare prole, né genitori, né altri ascendenti, né fratelli o sorelle o loro discendenti, la successione si apre a favore del parente o dei parenti prossimi, senza distinzione di linea. La successione non ha luogo tra i parenti oltre il sesto grado”. Anzitutto va spiegato il metodo di calcolo del grado di parentela: per computarlo occorre contare il numero delle “teste” dei soggetti coinvolti, togliendo lo stipite che li ha generati.
Ad esempio, per calcolare il grado di parentela tra fratelli, si contano le “teste” del soggetto della cui successione si tratta, quella di suo padre, si “scende” all’altro figlio di costui, che coincide con il fratello del defunto. Si tratta di tre “teste”: elidendo quella del padre, si giunge a due. Il fratello deve dunque essere considerato parente collaterale di secondo grado. Ma se chi muore neppure lascia fratelli o nipoti? Possono venire alla successione anche i cugini, che sono parenti collaterali di quarto grado.
Che la legge si preoccupi di dare un erede a chi viene meno è evidente, se è vero che conferisce rilevanza, come abbiamo visto più sopra, alla parentela fino al sesto grado. Si tratta di rapporti davvero molto lontani.
Se, tuttavia, mancano parenti anche di questo lontano grado? Ebbene: in tale eventualità esiste una norma di “chiusura”, volta ad impedire che l’eredità rimanda senza titolare. Viene in considerazione l’art. 586 cod.civ., ai sensi del quale “In mancanza di altri successibili, l\’eredità è devoluta allo Stato. L\’ acquisto si opera di diritto senza bisogno di accettazione e non può farsi luogo a rinunzia. Lo Stato non risponde dei debiti ereditari e dei legati oltre il valore dei beni acquistati.”.
La ragion d’essere di questa norma si capisce: occorre evitare che un patrimonio (per tali intendendosi il complesso delle attività e delle passività che fanno capo ad un soggetto) rimanga senza un titolare.
Fin qui abbiamo riferito del caso in cui una persona non abbia parenti. La successione dello Stato però può avere luogo anche in un’altra ipotesi, assai più frequente. Può essere (e capita sempre più spesso, anche a causa di una crisi economica sempre più evidente) che il de cuius si trovasse in gravi problemi finanziari. Società in dissesto, mutui non pagati, cartelle tributarie emesse per debiti fiscali o multe: si tratta di situazioni che sconsigliano vivamente ai parenti di acquisire quella che, a tutti gli effetti, si palesa come una eredità dannosa.
Ecco perché capita che tutti corrano a fare rinunzia all’eredità del defunto, prendendone le distanze in maniera netta. Ne segue che, non rinvenendosi alcun parente entro il senso grado, anche per tale via l’eredità finisca per essere devoluta allo Stato.
Quali sono i caratteri di questa successione?
Nell\’eredità sarà ricompreso ogni cespite mobiliare ed immobiliare, (pure eventuali diritti di privativa industriale, il diritto patrimoniale d\’autore, l\’eventuale diritto di accettare l\’eredità che si devolvesse jure trasmissionis quale componente del patrimonio dell\’ereditando ex art. 479 cod.civ.). Ancora: faranno parte del compendio ereditario devoluto allo Stato le eventuali indennità assicurative che si rinvenissero nel patrimonio del de cuius per averle costui maturate jure proprio ovvero per averle ereditate dall\’avente diritto.
Al contrario, saranno esclusi da ogni fenomeno successorio (dunque anche da quello che ha luogo in favore dello Stato) gli acquisti che sono legati alla morte dell\’ereditando, verificandosi tuttavia jure proprio in favore, dunque di soggetti che non possono essere qualificati come eredi in relazione a tale acquisizione. Si pensi all\’assicurazione sulla vita stipulata a beneficio di un soggetto determinato: il diritto scaturisce dal contratto e non fa parte dell\’eredità.
Come detto, ai sensi del II comma dell\’art. 586 cod.civ., lo Stato non risponde però, a differenza di un erede “normale”, dei debiti ereditari nè dei legati oltre il valore dei beni acquistati. L\’acquisto in favore dello Stato è fenomeno necessario ed automatico: sarebbe incongruo che la parte pubblica, alla quale si devolve l\’asse ereditario per evitarne nell\’interesse generale la definitiva vacanza, dovesse anche farsi carico delle passività.
Ciò, ovviamente, non impedisce che lo Stato possa diventare patrimonialmente responsabile in conseguenza della condotta concretamente tenuta quale erede legittimo. Se, ad esempio, la parte pubblica avesse a contestare in giudizio il credito fatto valere chi pretende fondatamente di vantare ragioni nei confronti del de cuius, poi non potrebbe sottrarsi al pagamento delle spese processuali liquidate a suo carico. Si pensi anche al caso in cui lo Stato abbia ereditato beni immobili: esso non potrebbe pretendere di non provvedere al pagamento delle spese manutentive. Questa conseguenza è particolarmente importante e spiega anche il perché, di questi tempi, sia divenuto di grande attualità anche il tema dei beni immobili “abbandonati” o “rinunziati” dai privati che intendono liberarsene. Esiste infatti una ulteriore norma “di chiusura” rispetto a quella che abbiamo appena esaminato. Si tratta dell’art.827 cod.civ., che prevede che lo Stato divenga titolare dei beni immobili vacanti. Ma questa è un’altra storia che vi racconteremo distintamente.
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Daniele Minussi – contattami per una consulenza



